"The Huntress" Di Enrico Massaro


Capitolo I

Wienerwald, Vienna - 14 gennaio 2018
Freddo, Silenzio, Oscurità.
La cacciatrice maledisse ancora una volta la sua dannata scelta. Erano passate ormai quattro ore da quando aveva iniziato l'appostamento, eppure nessun uomo - o meglio - nessuna creatura era entrata o uscita dalla casetta di legno di ippocastano nel cuore della foresta. La sua mimetizzazione era perfetta: accovacciata tra le radici di un grande albero, indossava un abito verde scuro ed un pantalone nero, indumenti che aveva avuto la cura di impregnare di terriccio; a tenerla calda solamente un cappotto nero ed un berretto di lana color fuliggine, il quale, a dire il vero, stonava un po' con la scelta di colori; era però appartenuto a qualcuno che le aveva significativamente cambiato la vita - non riusciva a decidere se in meglio o in peggio. Accanto a lei, nascosto nell'ombra, un leoncino di peluche faceva la guardia al suo zaino con aria spavalda. Di tanto in tanto la cacciatrice voltava appena il capo verso l'animaletto dalla buffa espressione, e un sorriso malinconico si inseriva prepotentemente tra le sue rotonde guance, rosse per il freddo pungente che permeava la zona.
D'un tratto, notò che la finestra a lei più vicina si illuminò di un riflesso rossastro; probabilmente era stato acceso il camino. Aveva atteso abbastanza. Non passò nemmeno un secondo: la lama argentea era già pronta nella sua mano destra. Per avere una maggior sensibilità nella presa, aveva lasciato il guanto destro nello zaino. Silenziosamente scattò attraverso il fitto sottobosco, fino ad arrivare all'albero più vicino alla porta; attentissima anche ai minimi particolari, mentre si mosse trattenne il respiro per non lasciare nuvolette di condensa che potessero identificare la sua posizione. La sua statura di appena un metro e sessanta centimetri le consentiva di muoversi accovacciata senza essere vista dal demone, se fosse passato accanto alla finestra.

"Il demone, già, quello sporco bastardo."

Era sempre stata fredda quando cacciava, a prescindere dalla preda. Era calma e nessuna emozione la turbò mentre prendeva la testa del Lord Vampiro a Tirana, o quando inferse la ferita mortale al Leviatano che si nascondeva poco lontano da Nizza, o quella volta che inseguì il demone Baal per tutta la Danimarca - demone a cui aveva sottratto la lama che stringeva forte nella mano destra. Mai nessuna creatura, per quanto potente, l'aveva fatta vacillare, neppure per un singolo istante. Era proprio questo il motivo per cui i suoi colleghi americani la reputavano la cacciatrice più infallibile d'Europa. La chiamavano "The Diamond Huntress", perché bella come una pietra preziosa, e perchè nulla poteva scalfire il suo animo o le sue convinzioni.
Eppure, quella notte, la cacciatrice tremava.

Qualche anno fa non avrebbe mai creduto di percorrere quella via. Aveva un marito che amava, amici sinceri, un piccolo appartamento nel cuore di Parma, ed una lavoro soddisfacente: tutto quello che le bastava per essere felice. Scoprì dell'esistenza dei demoni nei libri di Carver Edlund. Aveva sempre creduto che fossero solo racconti fantastici, piacevoli da leggere la sera al ritorno da lavoro. Si dovette ricredere, quando il suo compagno venne ucciso da un demone per farle da scudo, mentre rincasavano da una serata al cinema con amici. Prima che il demone potesse carpire anche la sua vita, un cacciatore esperto sulle tracce del mostro riuscì a metterlo in fuga; tratta in salvo la ragazza, scioccata ed in lacrime, le raccontò la verità, su tutto. Le storie che narrano di creature malvagie, di demoni, angeli, di divinità - più spesso crudeli - sono per la maggior parte veritiere. Non passò molto prima che Layla accettasse quel "lavoro". Nè passo ancora di meno, prima che diventasse la migliore. 

Negli anni successivi scoprì che tutto quello che era scritto nei libri di Edlund era accaduto realmente. Aveva avuto degli sporadici contatti via e-mail con tanti altri cacciatori che le suggerirono le piste da seguire per stanare le numerose prede che sono cadute per sua mano. Uno di questi, Bobby, le passò le informazioni per trovare il demone che uccise l'uomo che amava: foresta di Wienerwald, Vienna.
Ed ora era lì: tremava, non per il freddo, ma per la rabbia.
Strisciò fino alla porta, a cui si appoggiò con le spalle per riprendere fiato.

"Sei sicura di voler andare da sola? Choronzon non è un demone comune…"
"Non importa. Potrebbe essere anche il re degli inferi in persona."
"Oh, credimi, il re degli inferi è un idiota. Un burocrate, se vuoi.  Ma Choronzon no. E' tanto ingegnoso quanto violento; una volta scelta una vittima non la molla più, e chiunque venga catturato da lui subisce immani sofferenze"
"Immani sofferenze? Proprio ciò che ho in serbo per lui. Chiudo"
"Diamond non essere testarda! Diamond? Diamond!!"

La porta di legno esplose in centinaia di frammenti, alzando un gran polverone: appena fu ripristinata la visibilità, gli sguardi della cacciatrice e di Choronzon si incrociarono per la seconda volta dopo tanti anni. Diamond si ripulì rapidamente la spalla sinistra, con la quale aveva sfondato l'uscio. Un unico movimento fluido, il pugnale imbevuto d'acqua santa fendette l'aria, ruotando due volte prima di conficcarsi in profondità nell'addome del demone. Schiumando di rabbia e dolore, Choronzon osservò gli occhi color ambra della cacciatrice, che pareva aver ritrovato il controllo su se stessa. Quello che successe dopo, la cacciatrice lo aveva già previsto: il demone scaraventò la ragazza contro il muro, sollevandola con i suoi poteri infernali. Quello che non aveva previsto, era che il medaglione sacro non ebbe effetto, e non le evitò il forte colpo contro la parete. Diamond cadde a terra, ma stringendo i denti si proibì di perdere i sensi: con la mano sinistra raggiunse la bottiglia d'acqua benedetta nella tasca del cappotto; ma il demone notò il trucco, e concentrandosi sul polso della ragazza, lo bloccò contro il muro, impedendogli di muovere la mano.

"Davvero credevi che questo sarebbe bastato?" Ruggì con voce tetra, gutturale. Rimosse lentamente l'arma dal suo corpo, senza perdere la concentrazione, per tenere la cacciatrice immobile. "Che delusione", aggiunse sogghignando.
Choronzon come al solito aveva assunto il controllo del corpo di un bellissimo e giovane ragazzo. Tanto vanitoso quanto potente, riusciva a incutere timore anche al più saldo degli uomini. Non a Diamond.
La cacciatrice sosteneva il suo sguardo senza paura.
Con uno sforzo immane, trasse la bottiglietta dalla tasca, e con un unico movimento del braccio sinistro, la scagliò contro il proprio avversario, vincendo il controllo che egli imponeva su di lei. Era la sua ultima speranza, e si infranse quando l'oggetto venne schivato, anche se con una certa difficoltà, dal demone.
La risata di Choronzon era lugubre, tetra, sadica. Aveva vinto, ancora, e già pregustava il tetro banchetto del vincitore. Diamond tentava di dimenarsi, di sfuggire da quella presa invisibile, senza successo. Osservava il corpo del demone sanguinare per la ferita infertagli. Era sicura che quell'arma avesse potuto epurarlo una volta per tutte, ma Baal le aveva giocato un infido tranello prima di morire.

I passi di Choronzon erano pesanti sul pavimento di legno. La sua risata incontenibile veniva alimentata sempre più dalla consapevolezza della cacciatrice che la fine era ormai giunta. Ma Choronzon, osservandola da vicino, non trovò sul suo volto l'espressione che si aspettava:

Diamond aveva chiuso gli occhi, da cui sgorgavano pesanti lacrime, e sorrideva, tremolante il labbro inferiore. Sorrideva a labbra strette, pensando che finalmente avrebbe rivisto l'amore perduto. Non le importava nulla, non avrebbe provato alcun dolore nella morte, anzi, comprese solo allora quanto l'aveva desiderata per tutti questi anni. Quanto l'aveva bramata. Non avrebbe sofferto nell'essere torturata, non quanto ebbe sofferto ogni giorno nel risvegliarsi in un mondo in cui non esisteva lui. 
"Derek, amore mio…"
Piangeva, e sorrideva, e non apriva gli occhi, teneva le palpebre premute l'una contro l'altra. Non le interessava più Choronzon, la caccia, i mostri. Non faceva più parte di lei il dolore, la paura, l'inseguimento. Tremava, piangeva, ed attendeva la fine.  

Eppure
Passavano secondi interminabili da quando Choronzon aveva smesso di ghignare, e nulla accadeva.
Diamond dischiuse appena le palpebre, ancora umide per le lacrime, e una luce intensissima accecò i suoi occhi. Alzò istintivamente le mani a coprire il suo sguardo, ma riacquistò la vista solo qualche attimo dopo.

Era lì: una figura alta, dai capelli color argento, e le ampie ali piumate, bianchissime. Una tenue luce illuminava una pelle bianchissima, resa perfetta dall'assunzione nella città bianca. A quanto pare, esistono alcune eccezioni. A quanto pare, esistono anime così buone e pure da essere scelte per diventare vessilli del signore. La creatura le sorrideva, come faceva un tempo, mentre stringeva le proprie braccia attorno alla schiena di Choronzon, che prendeva a pugni il suo petto senza sortire alcun effetto. La creatura di luce indicò con lo sguardo la propria lama angelica, che aveva lasciato ai piedi della cacciatrice. Lei seppe subito cosa fare, ma esitò. Liberata dal controllo del demone - non più concentrato su di lei - raccolse con entrambe le mani l'arma sacra. Copiose lacrime continuavano a scorrere sulle sue guance rosse. Era lui, era lì davanti, e lei doveva nuovamente dirgli addio.

Non...
Non era giusto.
Non era giusto.
Non era affatto giusto.

Pensieri e sentimenti contrastanti venivano repressi dalle azioni della cacciatrice, che si alzò stringendo l'arma fra le mani. Le urla di terrore di Choronzon non le importavano. La casetta di legno, il bosco, non esistevano più per lei. C'era solo lui ed il suo nemico, e Diamond sapeva che l'unica cosa giusta da fare era trafiggerli entrambi, altrimenti il demone sarebbe scappato e avrebbe fatto del male ad altri innocenti. Doveva proteggere quelle persone, era il suo lavoro da cacciatrice. Se l'angelo avesse lasciato la presa, Choronzon sarebbe semplicemente scappato dal corpo che possedeva. La cacciatrice si avvicinò alle due creature, catturata dal dolce sorriso del suo amore, dolce, dolcissimo. Lui le sorrideva, incurante del dolore provocato dagli artigli del demone che scavava sempre più a fondo nel suo petto. Avrebbe retto ancora per poco, Diamond lo sapeva. Allora, spinta da risolutezza, alzò l'arma e affondò.


Diamond conserva un ricordo vago di quello che successe quel 14 gennaio. Ricorda di aver affondato la lama nella carne del demone. Ricorda che gli occhi e la bocca di Choronzon, o meglio, del corpo che ospitava Choronzon, si illuminarono di una potente luce bianca, che brillò sul suo volto a lungo prima di spegnersi, spegnendosi con essa l'esistenza del demone, per sempre. Quando l'accecante luce si attenuò, gli occhi color ambra di Diamond videro una casa in disordine, con una porta in mille pezzi, e sei orme di piedi davanti a lei, attorniate da un residuo nerastro , quasi fosse esploso un petardo.
Un momento: tre paia?
Si precipitò fuori e alzò lo sguardo verso un cielo stellato, filtrato dalle chiome degli alberi che l'attorniavano. Un rumore di ali, in lontananza, alcune piume sul selciato davanti a lei.
Diamond sorrise. Non sapeva come, ma l'avrebbe trovato.

Poco lontano, su uno dei rami più alti di un ippocastano cresciuto a ridosso della collinetta antistante la casa, due angeli osservarono la cacciatrice raccogliere le sue cose e correre via, allontanandosi dall'abitazione.
"Angelo del Signore, fratello mio. Io ho mantenuto la mia parte dell'accordo, ora tocca a te offrirmi il tuo aiuto" pronunciò il primo, posando il suo sguardo di ghiaccio sull'altro. 
"Grazie per il tuo aiuto, Haziel. Sono pronto per ricambiare."

Un forte rumore di ali piumate in volo pervase l'aria, in quella fredda notte di gennaio. La cacciatrice sorrideva.





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