domenica 23 marzo 2014

"L' evasione, la strega, il carceriere e la scarpina di Cenerentola" di Paolo Tiberi

Ricominciare dopo la galera sembrava più difficile. Riprendere a vivere dopo un quinto di vita. 
Scusate, odio la matematica, ma volevo quantificare.
Poi, insomma, recludere uno come me significa rischiare di creare problemi alla società. I momenti di fuga erano classificabili sempre come atti vandalici. 
Sfracellare bottiglie contro auto in sosta, spaccare specchietti e finestrini. Rabbia repressa. Fuga dagli sbirri, ubriaco, su di giri, rischiando d'essere travolto bruciando i semafori rossi.
Donne a pagamento, meraviglia, scegliere modello e marca. Nazionalità confusa. Aggressioni.
Piacere.

Dalla prigione alla libertà, ma solo per un giorno al mese. Un giorno al mese di panico. Non poteva durare. Non sono una bestia, ma sono meno santo di quanto sia bestia. O più bestia che santo.
Rinchiudermi non è difficile, il problema sono le piccole evasioni.
Perdersi per strada, davanti il portone di casa propria, con una lei più ubriaca di me, ma che già ne ha abbastanza. Ma evidentemente non abbastanza per perdersi la notte di panico con l'uomo impanicato.
Cosa potrà succedere, avrà pensato. Ne ho viste tante, avrà pensato.
No, non ne aveva viste abbastanza. Non aveva visto me.
Mancavo ancora io.

E adesso, stupefacente! adesso che sono fuori da questo gabbio, ho perso numeri. O sono meno impaziente. O forse più impaziente. Oppure ho meno tranquillità, sai, la tranquillità che ti dona il sapere di aver comunque un rifugio assicurato, prigione o grattacielo poco importa. Una tana.
Tranquillità. 
Forse ho solo bisogno di tranquillità.
Cerco quegli occhi verdi di strega, quelli che mi fissavano all'altezza dell'ombelico, nella toilette della disco.
Sono stato innamorato di quel ricordo per anni. La più bella della mia vita. Saresti stata la mia fuga, tesoro. Ho sognato d'essere rapito da te, per tutto questo tempo. Speravo che t'avrei rivista, che m'avresti tirato fuori da questa gabbia.
Quella bocca.
Quel viso.
Quei capelli.
Se solo m'avessi detto "scappa, vieni via con me".
Scappai, ma fu una notte. La singola notte di fuga mensile. Come le altre, dunque. Ma allora, perchè ricordo solo te, perchè ricordo te come se vivessi nel mio cervello?
Una notte con te. Un mattino ad ammirarti, cercando di fissare indelebile la tua immagine nella mia mente.
Poi nulla. Solo il ricordo.

A volte è vero, è più rassicurante la prigione, la monotonia. Il supplizio. Tutto più rassicurante della fuga. 
E' triste che t'abbia cercato solo nei miei ricordi e negli occhi del carceriere.
Potevo scappare. Ho preferito la galera.
Pochi attimi di libertà, in un quinto di vita di clausura.
Ora ringrazio quella gabbia. Ringrazio il carceriere. Perchè se non fossi stato recluso, mai avrei assaggiato l'impeto terribile e la smania di vivere che ti dona la libertà. Specialmente quando provvisoria. Specialmente quando sai quanto poca te ne resta. Specialmente quando sei consapevole d'essere come Cenerentola, con unica differenza che 
nessuno verrà a riportarti
la tua scarpina di 
cristallo.




Nessun commento:

Posta un commento